Evoluzione del diritto all’oblio e GDPR: protezione della privacy nella società digitale

Nella società digitale di oggi, in cui la nostra presenza online è sempre più diffusa, ci sono sfide significative per la privacy e il controllo delle informazioni personali. Uno dei concetti legali chiave in questo contesto è il diritto all’oblio, che mira a garantire a tutte le persone il potere di gestire il proprio passato online e proteggere la propria reputazione.

Cosa si intende per diritto all’oblio

Il diritto all’oblio è un principio legale che riconosce alle persone il diritto di richiedere la rimozione di informazioni personali rilevanti, obsolete o inesatte dai risultati di ricerca online. Esso si basa sull’idea che le persone possano evolvere nel tempo e che gli errori o le azioni passate non dovrebbero definirsi per sempre la loro reputazione. L’obiettivo principale del diritto all’oblio è bilanciare il diritto alla privacy individuale con il diritto del pubblico di accedere a informazioni rilevanti.

Se hai bisogno di assistenza per cancellare notizie da internet contatta Cyber Lex telefonicamente al numero 0639754846 o via email [email protected]

La sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2014 e l’evoluzione del diritto alla rimozione delle informazioni personali in rete

Il diritto all’oblio su Google è stato reso noto grazie a una decisione storica della Corte di giustizia dell’Unione europea nel 2014, conosciuta come sentenza Costeja dal nome del soggetto che ha intentato la causa contro Google LLC. La Corte ha stabilito che i cittadini dell’Unione europea hanno il diritto di richiedere la rimozione di informazioni personali dai risultati di ricerca di Google se tali informazioni sono inadeguate, non più rilevanti o eccessive rispetto allo scopo originale della loro pubblicazione.

Le novità introdotte con la riforma Cartabia

Recentemente, la riforma Cartabia, introdotta con il D.lgs. 150 del 2022, ha apportato importanti modifiche al processo penale e ha influenzato anche il diritto all’oblio. In particolare, l’articolo 64-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale prevede che le persone che sono state assolte, oggetto di non luogo a procedere o di archiviazione possono richiedere la preclusione dell’indicizzazione o la deindicizzazione dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento su Internet. Questo è conforme all’articolo 17 del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR).

Cosa si intende per deindicizzazione

La procedura per richiedere la deindicizzazione dei contenuti relativi a un procedimento penale è relativamente semplice: una volta ottenuta l’assoluzione, che può avvenire attraverso un decreto di archiviazione o una sentenza di assoluzione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone un’ annotazione che funge da titolo esecutivo per richiedere ai motori di ricerca, come ad esempio Google, di non indicizzare i contenuti correlati a quel procedimento penale quando vengono effettuate ricerche utilizzando il nome della persona interessata.

È importante sottolineare che la deindicizzazione non equivale alla cancellazione completa dei dati. In altre parole, i dati personali non saranno più associati a parole chiave relative al reato contestato quando sono presenti nei motori di ricerca.

I limiti al diritto all’oblio: il diritto di cronaca

Tuttavia, è essenziale comprendere che il diritto all’oblio è un diritto che cede rispetto al diritto alla cronaca. Ciò significa che per figure pubbliche coinvolte in vicende giudiziarie, anche se assolte, potrebbero comunque rimanere tracce delle notizie. Google ha chiarito che se la notizia è stata “aggiornata” con gli sviluppi più recenti del procedimento giudiziario, inclusa l’assoluzione, sarà difficile rimuoverla dall’indicizzazione.

Inoltre, è sempre necessario valutare l’interesse pubblico nell’accesso alle informazioni relative al ruolo pubblico svolto dall’interessato, anche in relazione alla professione o alle cariche ricoperte. La Corte di Giustizia e il Comitato europeo per la protezione dei dati hanno stabilito che prevale l’interesse generale nell’avere accesso alle informazioni quando l’interessato svolge un ruolo pubblico.

Pertanto, sebbene la deindicizzazione a seguito di un’assoluzione sembri quasi automatica, non è sempre così. Il caso deve essere sottoposto al Garante della Privacy, che, seguendo le linee guida precedentemente espresse, può ordinare la rimozione delle notizie di assoluzione o valutare attentamente l’equilibrio tra diritto all’oblio e diritto alla cronaca.

Evoluzione del diritto all’oblio e GDPR: protezione della privacy nella società digitale

Nella società digitale di oggi, in cui la nostra presenza online è sempre più diffusa, ci sono sfide significative per la privacy e il controllo delle informazioni personali. Uno dei concetti legali chiave in questo contesto è il diritto all’oblio, che mira a garantire a tutte le persone il potere di gestire il proprio passato online e proteggere la propria reputazione.

Cosa si intende per diritto all’oblio

Il diritto all’oblio è un principio legale che riconosce alle persone il diritto di richiedere la rimozione di informazioni personali rilevanti, obsolete o inesatte dai risultati di ricerca online. Esso si basa sull’idea che le persone possano evolvere nel tempo e che gli errori o le azioni passate non dovrebbero definirsi per sempre la loro reputazione. L’obiettivo principale del diritto all’oblio è bilanciare il diritto alla privacy individuale con il diritto del pubblico di accedere a informazioni rilevanti.

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La sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2014 e l’evoluzione del diritto alla rimozione delle informazioni personali in rete

Il diritto all’oblio su Google è stato reso noto grazie a una decisione storica della Corte di giustizia dell’Unione europea nel 2014, conosciuta come sentenza Costeja dal nome del soggetto che ha intentato la causa contro Google LLC. La Corte ha stabilito che i cittadini dell’Unione europea hanno il diritto di richiedere la rimozione di informazioni personali dai risultati di ricerca di Google se tali informazioni sono inadeguate, non più rilevanti o eccessive rispetto allo scopo originale della loro pubblicazione.

Le novità introdotte con la riforma Cartabia

Recentemente, la riforma Cartabia, introdotta con il D.lgs. 150 del 2022, ha apportato importanti modifiche al processo penale e ha influenzato anche il diritto all’oblio. In particolare, l’articolo 64-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale prevede che le persone che sono state assolte, oggetto di non luogo a procedere o di archiviazione possono richiedere la preclusione dell’indicizzazione o la deindicizzazione dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento su Internet. Questo è conforme all’articolo 17 del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR).

Cosa si intende per deindicizzazione

La procedura per richiedere la deindicizzazione dei contenuti relativi a un procedimento penale è relativamente semplice: una volta ottenuta l’assoluzione, che può avvenire attraverso un decreto di archiviazione o una sentenza di assoluzione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone un’ annotazione che funge da titolo esecutivo per richiedere ai motori di ricerca, come ad esempio Google, di non indicizzare i contenuti correlati a quel procedimento penale quando vengono effettuate ricerche utilizzando il nome della persona interessata.

È importante sottolineare che la deindicizzazione non equivale alla cancellazione completa dei dati. In altre parole, i dati personali non saranno più associati a parole chiave relative al reato contestato quando sono presenti nei motori di ricerca.

I limiti al diritto all’oblio: il diritto di cronaca

Tuttavia, è essenziale comprendere che il diritto all’oblio è un diritto che cede rispetto al diritto alla cronaca. Ciò significa che per figure pubbliche coinvolte in vicende giudiziarie, anche se assolte, potrebbero comunque rimanere tracce delle notizie. Google ha chiarito che se la notizia è stata “aggiornata” con gli sviluppi più recenti del procedimento giudiziario, inclusa l’assoluzione, sarà difficile rimuoverla dall’indicizzazione.

Inoltre, è sempre necessario valutare l’interesse pubblico nell’accesso alle informazioni relative al ruolo pubblico svolto dall’interessato, anche in relazione alla professione o alle cariche ricoperte. La Corte di Giustizia e il Comitato europeo per la protezione dei dati hanno stabilito che prevale l’interesse generale nell’avere accesso alle informazioni quando l’interessato svolge un ruolo pubblico.

Pertanto, sebbene la deindicizzazione a seguito di un’assoluzione sembri quasi automatica, non è sempre così. Il caso deve essere sottoposto al Garante della Privacy, che, seguendo le linee guida precedentemente espresse, può ordinare la rimozione delle notizie di assoluzione o valutare attentamente l’equilibrio tra diritto all’oblio e diritto alla cronaca.

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